Archivi del mese: marzo 2008

Paradise Airlines

Taluni fra quelli che mi vedono metter fiori alla palina dove è morta mia figlia, mi dicono:”lasciala andare, non trattenerla col tuo rimpianto” come se fossero assistenti di volo della Paradise Airlines. Io in due anni e mezzo ho letto un sacco di libri sull’argomento, ho visitato i siti internet che se ne occupano, ho parlato con molte persone che avevano la loro teoria. Ho solo capito una cosa: il maggiore ostacolo fra me e l’altra dimensione è la ragione. Infatti, se invece di pensare a Maria Claudia “di testa” la penso “di pancia”, cioè col cuore e basta, la sento vicina. Mi sembra di comunicare con lei, di ottenere l’aiuto chiestole in preghiera, di ricevere risposte alle mie domande. Se però cerco di spiegare agli altri come faccio, li vedo increduli, ed è normale: loro ragionano, io “amo” e basta. Ragione e amore sono incompatibili.

Il linguaggio che usa Titti ha anche un nome scientifico: pareidolia. E’ quel meccanismo del subconscio che ci fa vedere un’oca in una nuvola, Hitler nella venatura del marmo, lo stivale nella penisola italica, ecc. E’ grazie alla pareidolia che capiamo subito le faccine tristi o allegre dell’emoticon, fatte di puntini-occhi, trattini-naso, parentesi-bocca, oppure interpretiamo come fenomeni paranormali (nel mio caso, come messaggi di Titti) le macchie o le ombre inattese delle foto, i voli improvvisi di farfalle e uccelli, gli ululati notturni dei cani.

Un fenomeno analogo (una sorta di pareidolia acustica) è la metafonia, uno dei metodi usati per ricevere messaggi dall’al di là. Ascoltando attentamente registrazioni del silenzio, bande radio vuote, incisioni fatte girare al contrario, si odono a volte suoni e fruscii fra i quali la “pancia” ci spinge a riconoscere voci, parole e frasi dei cari trapassati. So bene che sul piano razionale sono solo illusioni, che è il cuore a farmi vedere e sentire ciò che desidero tanto e non c’è più. Ma non ho che questo.

E in ogni caso “sento” che l’anima di Maria Claudia è già dove dev’essere, io non la trattengo affatto, andando alla palina. Sono certo che lei è già nella luce, però “sento” anche che è contenta di essere chiamata e di potermi rispondere. E’ un’illusione, ma mi fa bene. Mi aiuta a tirare avanti. Sulla porta di camera sua Titti scrisse: “la realtà è un sogno. Abbracciamo e accettiamo l’illusione. Solo oltre l’esistenza si annida la verità”.

 

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Goliardia abiurata

Riccardo Chiaberge, dopo aver lavorato al Centro Einaudi di Torino, alla Stampa, al “Mondo” e al Corriere della Sera come caporedattore alla cultura, ora dirige il supplemento domenicale del Sole 24 Ore. Su di esso, scrive: “Una delle prime, vere conquiste del ’68 fu la soppressione della goliardia. Nel ’66,quando mi iscrissi a Legge a Torino, dovetti subire le forche caudine di ogni matricola, con relativo papiro infarcito di oscenità, processo e assoluzione in nomine Bacci, Tabacci Venerisque”.

Ma come fa uno che nel ’68 aveva 21 anni a dire castronerie del genere? La prima, vera ed unica conquista del ’68 fu la libertà sessuale. E bon. Il resto è da dimenticare, tant’è vero che Chiaberge stesso aggiunge: “40 anni dopo, mentre i sessantottini in carriera si autocelebrano – non si capisce per quali meriti, visto lo stato del Paese – il fantasma con la feluca torna ad aggirarsi negli atenei “. Allora non fu “soppressa” la Goliardia! Si è solo trasformata, nell’Università di massa, da tradizione generale a pratica d’élite. Chiaberge è uno di quei narcisetti (lo si vede dalla foto del suo sito, di molti anni fa) che da bambini non hanno mai fatto a cuscinate e da giovani a gavettoni. Tommaso Moro scrisse: “Dammi, o Signore, il senso del ridicolo, concedimi di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne parte anche ad altri”.

Ma Chiaberge non deve averlo letto, o se l’ha letto Dio non l’ha esaudito. Infatti definisce i goliardi “mummie di un passato mefitico e autoritario”. Bèh, un passato di 1000 anni può anche essere avvertito come ‘mefitico’ da un cultore dei deodoranti ascellari “che non ti piantano in asso”, e anche ‘autoritario’ da un ribelle così irriducibile da aver scelto, per far carriera, la chiesa culturalmente più redditizia (la rossa). Ma ‘mummie’ i goliardi? Le mummie non fanno l’allegro casino che Chiaberge lamenta: “Le sessioni di laurea si trasformano in gazzarre da stadio. E poiché molti atenei italiani hanno sede in palazzi storici, quattro volte l’anno i chiostri del ‘600 sono tappezzati di fotocopie di neodottori in mutande e si devono spazzare cocci e bicchieri rotti e ripulire gli affreschi dagli schizzi di uova e di vino”.

Questa no, Chiabè. Fingere di ignorare che TUTTI gli atenei italiani, senza eccezione, antichi e moderni, dentro e fuori, 12 mesi su 12, sono sconciati dai truci slogan dei rossi tracciati in vernice spray (che non va via con l’acqua, come le uova e il vino…), è proprio da radical chic. Di quelli che nel ’68 non seppero essere né goliardi né picchiatori rossi. Solo fighetti sfigati. Cambia la foto, và.

 

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La speranza è Mitridatizzarsi

Anche il Giappone, dopo la Corea, respinge le mozzarelle di bufala alla diossina. Nell’entroterra di Napoli le pecore muoiono perché il tasso di diossina al suolo è 6 volte il massimo. Ma nel 1986, quando i pesticidi inquinarono di atrazina le falde del Monferrato casalese, Donat Cattin rese potabile l’acqua per decreto, decuplicando il tasso di atrazina lecito (da 0,1 ad 1 mg/litro). Eppure non ci fu, dopo, la strage paventata dagli “scienziati” che avevano fissato il limite a 0,1.

Forse succederebbe lo stesso con la diossina, che non è neanche il principale agente inquinante in Campania. Già nel 1992 l’Ing. Di Carlo del CNR mi disse che il peggiore problema ecologico del momento era quello delle scorie industriali tossiche trasformate in falsi concimi chimici. Un business plurimiliardario e difficilissimo da smontare: le scorie venivano esportate nell’ex-Urss, dove i componenti venivano trasformati in granuli, uniti ad additivi e reimportati separatamente in Italia da ditte”pulite”. Una li mescolava, l’altra li confezionava con tutte le diciture di legge, l’altra ancora li vendeva. Un labirinto di passaggi inestricabile. Gli ignari contadini erano lieti di pagare meno il concime, e così quelle scorie hanno fatto come il Pci: cambiando nome, etichetta e aspetto, avvelenano l’Italia da decenni.

La stessa diossina, mica è arrivata ieri. Son 15 anni che in Campania la producono bruciando monnezza, e nel frattempo continuano a coltivare quegli ortaggi che poi finiscono sulle tavole di tutta Italia, non solo di Napoli. Idem per le mozzarelle. Adesso cedono le pecore, ma lo studio della Protezione Civile sull’aumento dei tumori da diossina registra un aumento della mortalità del 10%  e un calo dell’età media di insorgenza (da 55 a 40 anni), non un incremento anomalo. Dunque l’uomo “tiene”.

L’avevo già scritto aproposito di Semipalatinsk, dove sono esplose 466 bombe atomiche sperimentalisovietiche in 40 anni, ma la gente continua a viverci e i turisti ad arrivare.Gli ecotalebani del particolato e delle nanopolveri dovrebbero rifletteresull’adattabilità dell’uomo alle mutazioni ambientali. A Semipalatinsk, dove daquando è finito l’indotto del centro atomico (50mila fra militari e tecnici) c’èmolta povertà, hanno chiesto di ospitare a pagamento le scorie nucleari ditutto il mondo. Tanto ormai hanno fatto il callo alle radiazioni. Altro chemozzarelle alla diossina. Le loro sono fosforescenti.

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Diamo i numeri?

Provate a mettere d’accordo questi tre lanci d’agenzia, e capirete come i giornali possano maneggiare idati senza sentirsi in colpa.

Ansa – Roma, 20 marzo: Saranno quasi 7 milioni gli italiani maggiorenni in vacanza, o che dormiranno almeno una notte fuori casa per Pasqua, secondo Federalberghi.

RiAnsa – RiRoma, Ri20 marzo:Oltre 5 milioni i clienti attesi nei locali della ristorazione tra Pasqua e Pasquetta. Spenderanno l’1,2% in più sul 2007. Lo rileva un’indagine effettuata dalla Confcommercio tra 260 imprese. In media un menu ‘tutto compreso’ costeràa Pasqua 44 Euro.

Ancora Ansa – ancora Roma, ma stavolta 24 marzo (Pasquetta): E’ stata una giornata di traffico intenso con 12 milioni di veicoli in viaggio solo sulle autostrade. Oggi sono state segnalate in vari tratti autostradali code lunghe fino ad un centinaio di chilometri, e domani mattina la situazione sarà ancora critica.

Prendete questi due dati: 12 milioni di auto in coda “solo sulle autostrade” e 7 milioni di maggiorenni in vacanza. O Federalberghi è stata pessimista, o gli intervistati da Confcommercio sono stati bugiardi. A meno che i 7 milioni di maggiorenni fossero soli in auto e i 5 milioni di macchine eccedenti fossero guidate da minorenni senza patente. 

Altra considerazione: 12 milioni di veicoli sono più di un terzo del parco vetture circolante in Italia. Ed erano solo quelle contate in autostrada. Se ci aggiungiamo le strade statali e le provinciali, risulta che circa metà del parco circolante (che conta 34 milioni di targhe) era in viaggio. Se infine a bordo di ognuna di queste vetture (ipotizzabili in 17 milioni) c’erano in media anche solo 2 passeggeri, vuol dire che metà degli italiani ha fatto almeno un “salto fuori porta”. E fra questi 34 milioni di festaioli, 5 milioni hanno speso quasi 80mila lire a cranio per un pasto a menu fisso. Ma anche quelli che hanno mangiato nella “seconda casa” (di pic-nic, dato il maltempo, ce ne sono stati pochissimi) non si saranno certo accontentati di un panino e una birra. Tra vigilia, Pasqua e Pasquetta, anche mangiando in casa, avranno speso tra cibi e bevande 40 euro a testa, divisi in quattro pasti. Il che significa, per una famigliola di padre, madre e due bambini, aver tossito fra spostamenti e vitto (escluso hotel) una mezza milionata di vecchie lire.

Come dite? E’ il costo di un normale week-end? Alla faccia della crisi economica, allora! E del caro-carburanti, e delle famiglie “che non ce la fanno ad arrivare a fine mese”!  

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Segreti maleodoranti

L’affaire Liechtenstein è scomparso dai giornali per fare posto a temi prioritari come il freddo pasquale o il no del Berlusca al ‘faccia a faccia’ con Veltroni in Tv. Per chi non se lo ricorda, lo riassumo: il Liechtenstein, microscopico Stato autonomo ubicato fra la Svizzera e l’Austria, è uno dei tanti paradisi fiscali (come la stessa Svizzera  o il Principato di Monaco) dove si pagano pochissime tasse, le “società-ombra” si aprono e si chiudono in pochi minuti, le transazioni finanziarie sono coperte dal segreto più impenetrabile e l’anonimato dei titolari dei conti correnti bancari, quando non sono pure sigle o società di comodo, è rigidamente protetto.

Di recente è capitato che un dipendente infedele di una banca locale ha sottratto gli elenchi dei correntisti, e li ha venduti in Germania. Ci sono nomi di tutte le nazioni, e le autorità di ognuna ha avuto i suoi. Quelli italiani sono nelle mani di Visco (e qualcuno è già trapelato), ma i guru del liberismo sono insorti, gridando al sacrilegio: il fatto che si sappia chi (e quanto) è ricco è contro le regole. Il che ha una sua logica, perché i “basisti” della malavita fanno proprio quello: per andare a colpo sicuro nei sequestri di persona, nelle rapine e nei furti, cercano di informarsi dettagliatamente della ricchezza altrui. Purtroppo, però, dietro questa scusa si sono sempre nascosti coloro che non gradivano che si indagasse sull’origine della loro ricchezza, cioè su come poteva esser stata accumulata. Per esempio evadendo le tasse (è il più frequente e meno scandaloso dei casi) o ricevendo tangenti, ricattando il prossimo, espletando attività criminali.

Non amo, istintivamente, chi si nasconde. Nove volte su dieci lo fa per fregare gli altri. Non amo le associazioni segrete come la massoneria (anche quella bianca), ma nutro avversione anche per le fondazioni i cui bilanci sono insondabili per legge, o per le fiduciarie a cui è permesso non dire il nome di chi coprono. Non amo neanche quegli enti come i partiti politici e i sindacati, ai quali è consentito non presentare bilanci. La scusa della privacy è una foglia di fico ridicola, in un’epoca in cui ormai siamo tutti intercettati, videoripresi, schedati elettronicamente, localizzati dai satelliti.

Chi non ha brutte cose da coprire, non ha bisogno di nasconderle. Ad esempio, mi fa un po’ schifo la Svizzera da quando si è saputo che nell’oro delle sue monete sono state trovate tracce di mercurio, segno che erano state coniate con l’oro dei denti degli ebrei morti nei lager, fuso in lingotti, portato in Svizzera dai gerarchi nazisti e mai più reclamato dopo la guerra per l’intervenuta morte dei titolari di quegli orribili depositi. Lo stesso è successo coi depositi fatti prima della guerra (o durante essa, per mettere i patrimoni al sicuro) dagli ebrei poi catturati ed eliminati da Hitler insieme alle tracce scritte di quanto depositato. Le banche svizzere, forti del loro mitico “segreto” hanno tranquillamente incamerato quei tesori. Oro dei denti, gioielli, titoli e valori, per migliaia di miliardi. “Pecunia non olet” dicevano i latini. Ma certe volte olet. Ostia se olet.

 

 

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Pasque tibetane

Sotto Pasqua il pensiero mi si divide fra il grande sacrificio celebrato (la morte e la resurrezione di Cristo) e il grande sacrificio negato (la morte dei monaci tibetani ammazzati dai cinesi i quali, dopo aver oscurato ogni immagine della strage, la negano o la minimizzano). C’è un filo che collega le due tragedie. Dove visse il nazareno Jesuah (Gesù) nei famosi “anni bui” mancanti nei Vangeli, dove lo si lascia bambino e lo si ritrova 33enne? A quanto pare girò per il mondo e frequentò molti centri orientali di ascetismo e ricerca filosofica, tra cui proprio i monasteri tibetani. In quello che lo ospitò per alcuni anni, esiste un manoscritto in cui il suo nome Jesuah è scritto come “Jisa”, che in sanscrito significa “signore di tutti i viventi”. 

Questa immersione nel buddismo, nel suo percorso di ascesi che gli aveva fatto abbandonare la ricerca del Divino nella natura per cercarLo all’interno di sé, gli fece comprendere i fondamentali tre passi: “Io ero nella Luce – la Luce era in me – io sono la Luce”. Quindi Gesù-Isa trovò naturale identificarsi col Dio-Padre e proclamarsi suo messaggero, ma anche aggiungere che ognuno di noi lo è, e come tale è degno di adorazione (“ama il prossimo tuo come te stesso”). E qui mi perdo. Perché la Pasqua dice che la grandezza di Cristo sta nell’aver sconfitto la morte, ma la morte secondo il buddismo non va sconfitta. La morte è solo l’altro aspetto della vita, come l’ombra è l’altro aspetto della luce. Senza la morte, non ci sarebbe la vita. L’uomo non cerca di sconfiggere la morte (sa che è impossibile), ma solo di allontanarla, perché vuole assomigliare il più possibile a Dio senza capire di essere lui Dio, o meglio di esserne una delle innumerevoli manifestazioni nella dimensione terrena. 

Però, se tutto è così semplice, se il bene e il male sono entrambi necessari, e non si possono separare perché uno “crea” l’altro e il loro conflitto crea la materia, perché mettere su tutto l’ambaradan passione-morte-resurrezione? Se in tutte le religioni la rinuncia, il sacrificio, il distacco dalle cose materiali sono l’unica via per raggiungere Dio (o la Consapevolezza, o la fusione con la Luce, che è lo stesso) cosa siamo venuti a fare, qui? Se per tornare alla Luce (dove già eravamo) dobbiamo togliere tutte le ombre, tanto valeva non conoscerle, ‘ste ombre. Cioè non materializzarci, non nascere. Ma la Bibbia dice che “l’Eterno si compiace nel suo popolo” (Salmi 149:4). Sta a vedere che nasciamo per divertirLo, o meglio per divertirci, perché Lui è in noi, e noi siamo Lui. Questo è il vero mistero, non la morte.

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Illitatevi pule, me ne flego

Boicottare le Olimpiadi per il genocidio culturale in atto contro il Tibet? Per me darebbe solo ai dittatori cinesi il pretesto per rimangiarsi le timide aperture del dopo-Mao. Meglio protestare a Pechino, durante i giochi. Il Partito non potrà mica controllarci tutti. Non gli basterà imbavagliare Internet e chiudere youtube come ha fatto per oscurare le stragi tibetane in questi giorni.

Spiace solo sentir parlare di un “Tibet che chiede autonomia” come se fosse la Sardegna. E’ falso. Fino al 1950 era uno Stato sovrano e indipendente. Mao lo invase col pretesto che secoli prima era stato conquistato dai Mongoli, e quindi era cinese. Nessuno fiatò, né allora né poi. Le sinistre bruciano solo bandiere israeliane e americane. Solo la “resistenza palestinese” ha lo stand fisso alle Feste dell’Unità da 60 anni. Non la tibetana, la curda, l’armena, l’istriana.

Nel 1918, caduto l’impero ottomano, i curdi (24 milioni) furono divisi fra 4 stati (Iran, Iraq, Turchia e Siria). Gli armeni (3 milioni) erano già stati sterminati nel 1915 dai turchi (2 milioni di morti), e il milione scampato al genocidio fuggì, o finì sotto le grinfie di Stalin.

Invece la Palestina che fu affidata agli inglesi, su mandato della Società delle Nazioni, era già piena di ebrei. Essi non avevano mai smesso di considerarla la loro “terra promessa” e c’erano affluiti fin dall’800, comprando dagli indigeni quasi il 10% del loro futuro Stato. Quando nel 1948 l’Onu concesse loro di fondarlo per risarcirli della shoah (argomento più convincente dei mongoli di Mao…) gli ebrei erano 700mila e i palestinesi 850mila. Ma i secondi fuggirono quasi tutti quando la Lega Araba mosse (e perse) la guerra al neonato Israele. 700mila profughi, respinti dai “fratelli arabi”(ecco la fratellanza islamica!) furono sistemati dall’Onu nei 60 campi Unrwa, dove stanno ancora oggi.

Non come i 400mila istriano-dalmati espropriati di ogni avere ed espulsi da Tito nello stesso periodo: costoro, dopo la sosta nei campi profughi, si diedero da fare e in pochi anni tornarono ad essere una comunità florida, unita e rispettata.

Purtroppo, quando il terrorista Arafat venne in Italia, fu ricevuto da Pertini e da Ciampi, da due Premier e da Wojtyla (due volte). Invece il pacifista Dalai Lama Tenzin Gyatson fu ricevuto solo nel 1994 da Scalfaro e Berlusconi. Quando tornò qui tre mesi fa, trovò chiuso. Tutti rifiutarono di vederlo: Napolitano, Prodi, D’Alema, persino Ratzinger.

Meno male che noi torinesi gli demmo la cittadinanza onoraria. Scomparso Giuanin Lamiera, un Gyatson Lama ci veniva proprio a taglio.

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Spero che Titti lo perdoni

Ricevo da un compagno vile (niente indirizzo, firma illeggibile) una lettera: “le obietto una totale incapacità dialettica, un’acredine, un astio atavico, un’eburnea e manifesta cattiveria contro tutto ciò che non è di destra. Ma la nemesi, e mi pare giusto, l’ha già colpita quasi direttamente nei suoi profondi affetti”. Come dire: “meriteresti di crepare tu, bastardo, ma godo che ti sia morta almeno la figlia”.

La presenza di persone simili, da sola, basterebbe già a giustificare i miei sbilanciamenti contro i rossi, ma se lo faccio è anche perché trovo vergognoso che si rifiutino ancor oggi di fare i conti col loro ignobile passato. Che si ostinino a difendere dei partigiani che uccisero quasi 20mila civili, e ben dopo il 25 Aprile. Fecero più morti loro del PNF in vent’anni (i caduti in guerra vanno tolti dal conto, se no dovremmo addebitare agli alleati le vittime dei bombardamenti, e ai partigiani i repubblichini e i nazisti uccisi nei loro agguati, o anche in attentati inutili come Via Rasella).

La mia voce flebile vuole raccontare ai giovani un recente passato in cui migliaia di ragazzi come loro, bollati come fascisti, furono vittime di coetanei aizzati da padri non ancora sazi del sangue “resistenziale”, e da leader inebetiti dall’odio di classe. Erano gli anni ’70. I rossi urlavano “uccidere un fascista non è reato”- “se vedi un punto nero / spara a vista / o è un carabiniere / o è un fascista” – “fascisti, carogne, tornate nelle fogne” – “pagherete caro, pagherete tutto”, e davano la caccia ai coetanei di destra girando con le enormi chiavi inglesi Hazet N.36 sempre sotto l’eskimo (“Hazet 36, fascista, dove sei?”). Con quelle sfondarono il cranio a Sergio Ramelli, e nei cortei se ne vantavano: ”Tutti i fascisti / come Ramelli / con una riga rossa / tra i capelli”…

Erano quelli, gli anni “formidabili” in cui “la meglio gioventù” ammazzava e bruciava vivo chi distribuiva volantini o attaccava manifesti del Msi. E non mi si dica: “giusta risposta alle bombe nere”. Sarebbe come assolvere chi fosse andato nelle sedi di quartiere del Pci o nelle bocciofile dell’Arci ad assassinare vecchietti per vendicare i delitti delle BR.

Se mi sbilancio, è perché gentaglia così va in giro ancora oggi. Vive gratis nei centri sociali “okkupati”. Vieta agli ebrei e al Papa di parlare. Manda bombe al mio giornale. Devasta i gazebi del Pdl e della Lega. Spranga gli avversari politici. Urla “10-100-1000 Nassirya” e ”Berlusconi, Albertini, farete la fine di Mussolini.” E gode per la morte di una 16enne “così suo padre impara”. Vergognatevi. 

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Il treno delle sette

Non credo all’infallibilità dei papi. La storia prova che anche loro, uomini come noi, hanno sbagliato spesso. Però li ascolto con rispetto, perché le persone più vicine a Dio (e quindi alla Verità) dovrebbero essere, secondo logica, i sacerdoti. Di tutte le religioni, naturalmente. Ricordo un articolo fra l’ammirato e lo stupito di Oriana Fallaci (atea ‘devota’, ma soprattutto antimusulmana) sul “vento spirituale” che aveva avvertito levarsi dagli universitari di Teheran chinati a terra durante la preghiera del Venerdì. E’ un fenomeno, questo, noto anche a chi ha visitato senza particolari motivazioni religiose luoghi sacri ai cattolici come Lourdes, o agli islamici come La Mecca, o agli indù come Prayag, dove milioni di pellegrini e santoni si recano ogni 4 anni per la Kumbha Mela, il grande bagno collettivo purificatore.

Ma anche in un semplice convento l’ospite laico che viva a lungo in modo pio fra monaci pii facilmente diventa pio, o almeno si comporta in quel luogo come tale, perché l’energia positiva di certi posti, riti e compagnie, è forte e permeante. Purtroppo questa medaglia, come tutte, ha il suo rovescio. Ed è che le religioni e le ideologie sono tutte assolutiste, per definizione. Hanno delle regole ineludibili. E tutte credono giuste solo le proprie, sforzandosi di convertire gli altri, gli “infedeli” al loro credo. Voler fare proseliti ad ogni costo, anche con la violenza e col plagio, è il loro grande baco.

I sommi capi religiosi si riservano di solito il diritto di riconoscere fra gli adepti chi è ortodosso. Ma chi detta le regole? Le grandi religioni hanno risolto il problema rifacendosi a testi che sostengono provenienti direttamente da Dio. Nel farli rispettare fanaticamente, però, ne fanno trasparire l’origine umana. I difetti che l’uomo ha in sé (egoismo, sete di potere, avidità, invidia, falsità…), hanno sempre finito per corrompere e deformare, nell’applicazione pratica, le più nobili teorie religiose e politiche. Bastino a provarlo due nomi: Torquemada e Stalin.

Meglio il relativismo, allora? Per me sì, ma ci sarebbe ancora una via di mezzo. La via di Ratzinger. Forte del Sommo Magistrato affidatogli, questo papa non fa concessioni sulle regole: prendere o lasciare. Ma non minaccia neanche ritorsioni. Si tiene in linea con la tradizione dei padri, ma è aperto al dialogo ecumenico. C’è un abisso fra la sua franca ed aperta severità pastorale e la posizione subdola di certe comunità-sette (molto più simili a scientology che ad un movimento cattolico) come i neo-catecumenali, chiusi verso l’esterno, ossessionati dal segreto, dediti al plagio e alle iniziazioni esoteriche. Non a caso Ratzi diffida del loro fanatismo e li fa tener d’occhio dalla Cei. Di Milinghi al Vaticano ne è bastato uno.

 

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Col Che me ne frego

Le forze dell’ordine d’ogni genere sono piene di personale negli uffici, ma regolarmente sotto organico nei servizi esterni. Da qui nasce l’esigenza, per i pochi che vanno in pattuglia, di stangare ogni tanto qualche debole, per far vedere all’opinione pubblica che “si agisce e non si scherza”. Questo discorso vale anche per l’ispettorato del lavoro, che stanga con multe pazzesche i contadini durante la vendemmia filmando dall’elicottero i loro aiutanti (quasi sempre amici o parenti) presenti nei vigneti senza regolare contratto, ma si guarda bene dal disturbare i potenti ben organizzati e ben rappresentati nel ceto politico, come i liberi professionisti.

Non ho mai sentito di un blitz massiccio dell’ispettorato del lavoro negli studi di certi architetti o avvocati (dico “certi” perché non sono tutti, ma la stragrande maggioranza sì), dove lavorano come negri, anche per 10/12 ore al giorno (sabati, domeniche e nottate compresi, se c’è urgenza) i giovani neolaureati. Ovviamente in nero (e sarebbe ancora il meno), ma anche sottopagati, o non pagati del tutto, come i “tirocinanti” dei notai.

Conosco bene un neo-architetto di Firenze che ha lavorato per un  anno intero, il 2007, con quei ritmi sfibranti presso un grande studio fiorentino il cui titolare, docente universitario, vota comunista da sempre e gira (in Suv) con addosso la maglietta del Che. Totale della retribuzione percepita in un anno dal mio amico architetto neolaureato: 2500 euro. In cambio la moglie del “compagno” professore veste firmato, va in palestra e in beauty farm, e tutti i week end  la coppia va al mare o in montagna, mentre in studio i negri si levano gli occhi sull’autocad 3D. E dire che per cuccare questi schiavisti non ci sarebbe neanche bisogno dell’elicottero. Basterebbe il citofono.

 

 

 

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