Quand’ero giovane e un vecchio si lamentava per gli acciacchi, le privazioni e la depressione, gli citavo persone più vecchie di lui che facevano ancora cose incredibili. Pensavo di rincuorarlo, e invece sbagliavo. Lo deprimevo ancora di più, facendolo sentire più sfortunato di quegli altri.
Ora l’ho capito, perché da vecchi si riflette di più, si capiscono meglio le cose. La gente esorta tanto i vecchi a darsi la carica perché essi rappresentano l’immagine della morte che si avvicina, e quell’idea dà fastidio. Non a caso i vecchi delle pubblicità sono sempre gioiosi, belli, tonici e simpatici. La gente applaude ai funerali per esorcizzare quel pensiero. Nel linguaggio si evita di pronunciare il verbo morire, usando eufemismi come scomparire, passare a miglior vita, andare avanti. In questo se la cavavano meglio i nostri avi, che usavano eufemismi ironici come tiré i caossèt, andé a mangé la salada da la part dël tross, tiré ‘l pèt glorios, fesse ‘n paltò d’bòsch. E comunque la mano fredda di Catlin-a sulla spalla prima o poi la sentiranno tutti. E magari si accorgeranno, come me, che aiuta persino ad apprezzare le tante cose meravigliose che la vita ci regala ancora invece di pensare a quelle che ci nega.
Perché è vero che da vecchi non si mangia, non si beve, non si corre, non si dorme, non si ride più come una volta (e non parliamo del sesso…), ma intanto invecchiare è già di per sé un bel traguardo, perché l’alternativa è peggio. E poi si possono ancora fare tante cose belle: leggere, conversare, scrivere, cantare… Anche solo accendere e accudire un fuoco. Un atto ancestrale pieno di sapienze e significati che scalda l’anima, non solo corpi e cibi. Saper cercare, scegliere e disporre la legna, preparare la carta e metterla nei posti adatti, soffiare quando, come e dove è giusto, è un rito che molti giovani d’oggi non sanno più celebrare. E a me che invece so, porta ricordi felici di falò notturni sulla spiaggia con chitarre e amici intorno, di fuochi in montagna con carni sulla losa (quando queste cose non erano ancora proibite come oggi), di camini e di stufe della nonna… So farlo, e m’inorgoglisce. E chi a dòvra l’alcol, l’è ‘n badòla.