E non scrivete Xmas, per favore

Come mai Natale è la festa dell’anno più sentita? Come mai è l’unica ad avere un suo specifico campionario di canzoni, nenie e melodie? Come mai ha ispirato tanti film, che tutti riguardiamo con piacere, anche per la trentesima volta? Come mai è così sentito che persino i soldati della grande guerra uscirono dalle trincee per scambiarsi gallette, vino e sigari, cantare e abbracciarsi fra ‘nemici’ in una tregua spontanea?

La mente dice che è perché si tratta di una festa antichissima, precristiana, quella del solstizio d’inverno, del “sol invictus” che ricomincia ad allungare la luce dei giorni e simboleggia la rinascita. Tesi troppo sofisticata: ‘sta cosa la saprà sì e no il 5% della gente. Per i regali, allora? Macchè. Quelli ormai si fanno tutto l’anno. “E’ solo una montatura commerciale” dice il genietto del cinismo. “No – gli fa il cuore – Natale non è solo un turbinìo di auguri, regali, cene e spot. La macchina della réclame si muove a pieno ritmo anche per altre ricorrenze, senza emozionarci così”.

Ha ragione lui. Udendolo mi par d’immergermi in un bagno d’acqua calda e profumata, e lì ritrovo tutto. Una vita di cene e pranzi di famiglia. Le messe a mezzanotte con la cioccolata calda al ritorno. L’attesa di Gesù Bambino quando ancora ci credevo, e la gioia al mattino nel trovare i doni. Il presepio da montare in casa col muschio per l’erba e la carta stagnola per il rio. L’albero pieno di palle e di lucine. Le strade infestonate e infiocchettate. San Silvestro al cine. Le telefonate di parenti e amici. La mancanza più forte di chi non c’è più… Tutta roba che manco a Pasqua te la sogni, figurati ad agosto o a carnevale.

Natale è Natale. Non c’è gara. Il mio cuore ed io vi auguriamo di passarlo con serenità. Ma se anche non ci riuscirete del tutto, state tranquilli che un po’ del suo profumo resta addosso, e fa bene.

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