Durante le olimpiadi invernali del 2006, molti torinesi esposero il tricolore al balcone, confermando il ruolo cui esso è confinato da decenni: il festeggiamento di eventi sportivi. Ma il buffo è che molti lo montarono al contrario, col rosso vicino all’asta, a riprova di quanto poco esso sia noto. Aggiungete a ciò i campioni che sul podio non cantano l’inno di Mameli perché non lo conoscono, e dovrete convenire che tutto quanto sa vagamente di patriottico non è più di moda. Se si facesse un referendum fra gli under 30 col quesito: «Vuoi sostituire il tricolore con un vessillo più moderno?», vincerebbe il sì.
Magari lo Stato farebbe un concorso in cui il solito raccomandato (un artista frustrato, ma nipote di onorevole) vincerebbe proponendo una bandiera fucsia attraversata da bollicine verde-mela… Ricordo che nel 2006 una ragazzina, sentendo che alla cerimonia d’apertura olimpica sarebbe stato cantato in Mondovisione l’inno di Mameli, disse: «Non lo conosco, ‘sto Mameli. Quali altre canzoni ha fatto? Quasi quasi me lo scarico da Internet».
Non dobbiamo stupirci. L’appiattimento culturale delle ultime generazioni non è solo italiano, e non è colpa dei giovani, ma della scuola post sessantottesca. Però non credo che esista un “grande disegno” dietro tutto questo. Non ritengo, cioè, che a monte vi sia stata una pianificazione consapevole, una volontà politica precisa, simile a quella dell’ancien régime che lasciava deliberatamente il popolo nell’ignoranza per mantenere il potere con più facilità.
Qui si è trattato, nella guerra postbellica fra destra e sinistra (parallela alla guerra fredda fra i due blocchi), della scarsa lungimiranza politica dei rossi nel voler inseguire il consenso giovanile a tutti i costi attraverso il facilismo, il perdonismo, il lassismo, le strizzatine d’occhio sugli spinelli e sulle altre trasgressioni. Pur di raccattare voti, i compagni non hanno esitato ad inseguire i vizi del popolo in una vergognosa gara al ribasso, a proteggere i docenti fagnani e assenteisti, gli studenti asini e copiatori, gli okkupatori abusivi e i disobbedienti d’ogni tipo.
Oggi se ne vede il triste risultato, ma esso è solo un effetto collaterale, non l’obiettivo principale. Quello era (e resta, ahimé, l’abbiamo sentito ancora con Veltroni) la conquista del consenso, e quindi del potere. Il tragico è che la sinistra ha dilapidato un patrimonio non suo (rappresentato dal principio condiviso di autorità e dalla soglia generale di diligenza raggiunta dalla nazione in secoli di severità) senza raggiungere neanche l’obiettivo. Mai come oggi i compagni sono stati divisi, corrotti, in calo di consensi e lontani dal potere. Valeva la pena?
per chi volesse insegnarla (almeno ai suoi figli, visto che dopo il Presidente Ciampi nonostante gli abusati sbandieramenti nei loghi dei partiti nessuno ne parla più?)cli_
Fratelli d’Italia,
l’Italia s’è desta,
dell’elmo di Scipio
s’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò, sì!
Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popoli,
perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l’ora suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò, sì!
Uniamoci, uniamoci,
l’unione e l’amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò, sì!
Dall’Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò, sì!
Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò, sì!
Grazie Manlio per la precisa disanima della situazione e grazie all’anonimo per il testo.
Non lo ricordavo più. l’avevo imparato sui banchi di scuola ma sono trascorsi troppi aanni.
Cesco
per un grande disegno sarebbero necessari dei grandi disegnatori