Come stai, vecchia troia?

Fra i tanti doni della prima gioventù c’è la facilità di fare amicizia, specie durante le esperienze collettive come la scuola, la goliardia, la naja… quando riversi nel crogiolo comune il metallo fuso dei tuoi sentimenti, formando col metallo degli altri leghe strambe, che a volte resistono una vita, a volte si spezzano subito. Passi nottate a parlare e confrontarti; condividi amori e odî, speranze e paure, risa e pianti; impari a trasgredire e ad aggredire; ed è qui che fioriscono, nell’humus del branco, aggrappate agli steccati dei suoi riti, annaffiate dal suo gergo, amicizie capaci di sopravvivere allo strappo della separazione e persino al veleno dei cambiamenti (di idee e di status) dei contraenti.

Mi direte che anche dopo, “da grandi”, si continua a frequentare ambienti collettivi ben definiti come quelli sportivi, ricreativi, associativi, religiosi, culturali, di lavoro… dove possono ancora fiorire amicizie. A mio avviso, però, non sono durature come le prime. Chiusa la finestra giovanile dell’imprinting, è raro che le frequentazioni “mature” riescano a far germogliare legami saldi. La comunanza d’interessi, obiettivi, svaghi ed occupazioni può far nascere fra gli adulti confidenza, solidarietà, simpatia, ma raramente amicizia profonda: il gioco delle convenienze economiche e sociali (meno importanti o del tutto ininfluenti a vent’anni) rende ogni nuovo legame fra “maturi” più orientato all’interesse e quindi fragile, superficiale, cauto, diffidente…. Tutt’altra cosa, insomma, rispetto alla forza magmatica delle amicizie giovanili, quelle nate di pancia e non di testa, sgorgate come lava dai nostri fianchi di vulcani in eruzione e induritesi man mano che il nostro ribollimento interiore si raffreddava, ma pur sempre roventi sotto la crosta.

Dall’eccessivo entusiasmo per questi legami giovanili bisogna tuttavia difendersi, e lo si deve fare con l’arma dell’autoironia, altrimenti si rischia la sindrome del “di belli come noi, la mamma non ne fa più”. Avete presente la figura di merda che hanno fatto i sessantottini quando si sono autoproclamati “la meglio gioventù”? Ecco: si rischia quella. Bastano due bicchieri in più e scarso senso critico per sbracare nella laudatio temporis acti (“i ragazzi d’oggi non sanno più divertirsi, cercano lo sballo e basta, noi avevamo più fantasia, vuoi mettere le feste d’una volta…”) che è penosa e meschina. 

Oppure, ed è ancor peggio, si rischia di arenarsi sulle secche del reducismo (l’odiosa selettività a posteriori di chi dice: “io ho visto i bombardamenti, tu no; io so cos’è stata la resistenza, tu no; io ho fatto il ’68, tu no”, perché è convinto d’aver vissuto fasi storiche epocali e di poter menar vanto per il solo fatto d’averle viste). Qui davvero, se non si tiene il freno a mano dell’autoironia ben tirato, si scivola nell’autoreferenzialità più patetica.

E infine, un’ultima raccomandazione: se dovesse capitarvi che gli affetti, le stime e le certezze dell’età giovanile non reggano l’urto del tempo, abbiate pazienza. Voglio dire questo: se rivedendo dopo molti decenni un vecchio amico di scuola vi sentirete delusi, se dopo le prime pacche, i secondi “come stai, vecchia troia”, i terzi, quarti e quinti “ti ricordi” vi ritroverete a disagio, quasi imbarazzati, sappiate che non è sempre colpa dell’altro. Come scrisse acutamente Oscar Wilde: “Mi perdoni, signore, se non la riconosco. Il fatto è che io sono molto cambiato”.

 

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Una risposta a Come stai, vecchia troia?

  1. Anonimo ha detto:

    LISTA DEI TARANTOLATI COLLINIANI
    Titolo: “Manuale di contro-pensiero”. Una raccolta di avvisi ai naviganti alla deriva in questo caos senza finalità. L’autore? Manlio. Il contenuto del libro? I suoi post, flash che si stampano nel muscolo cerebrale. Se tutti gli amici e lettori di Manlio fossero d’accordo, con un passa parola organizziamo una copertura finanziaria per l’operazione editoriale. Chi ci sta?

    Pingosss iscrive chiunque manifesti consenso al progetto.
    Aggiornamento 13/11/08 h. 23,27
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